La meritocrazia? È l’ideologia dei gruppi dominanti

Uno dei capisaldi del capitalismo liberaldemocratico è costituito dalla meritocrazia che potremmo definire la ideologia dei gruppi dominanti.

Ma dietro alla meritocrazia si celano ben altre questioni, ad esempio una sorta di ideologia che giustifica il potere delle élites, che a loro volta ripropongono il loro modello fatto di alienazione e supina accettazione delle regole imposte dai dominanti. Non saremo così stupidi a pensare che tutti svolgano il loro lavoro con la stessa attenzione e premura, ma la cultura del merito sta diventando una sorta di grande ideologia per giustificare le crescenti disuguaglianze sociali ed economiche: o le accetti ritenendo la situazione immodificabile o diventi invece il difensore dei falliti e dei fannulloni.

Non si tratta di negare il merito ma di contestualizzarlo, e la meritocrazia diventa, in molti Enti o aziende, una sorta di disponibilità totale ad annullare i tempi di vita rispetto a quelli del lavoro. Se meritevole è chi è disposto a fare straordinari, per fare un esempio, mettiamoci nei panni di una madre con figli a casa che non potrà offrire disponibilità per ore eccedenti all'orario settimanale di servizio, la lavoratrice in questione è forse meno meritevole di chi avendo tempo a disposizione possa fare straordinari?  

La meritocrazia dà per scontato che tutti/e abbiano le stesse opportunità ma la differenza di censo, di sesso e anche la gravosità di un impiego sanciscono differenze evidenti e quasi sempre insormontabili. Chi nasce e vive in quartiere “bene” di qualche metropoli avendo alle spalle una famiglia facoltosa avrà le stesse opportunità di un giovane figlio di proletari che vive in un'area degradata senza servizi e opportunità culturali?

Dietro alla meritocrazia non si cela solo l'accettazione delle regole dettate dall'alto fino a plasmare la propria esistenza a un canone precostituito, ma si nasconde anche la piena adesione al mercato che per come è nato non ha nel suo DNA i principi di pari opportunità e di uguaglianza e men che mai l’equità. 

Sono proprio le società “meritocratiche” (USA e Gran Bretagna per fare solo alcuni esempi lampanti), a registrare i tassi maggiori di disuguaglianza sociale ed economica, è proprio il mercato ad avere imposto le privatizzazioni e il dumping salariale tra chi opera a gestione diretta e quanti sono negli appalti. 

Spesso si tratta di lavoratori che svolgono le stesse mansioni, ma hanno inquadramenti contrattuali diversi, eppure un tempo chi svolgeva queste mansioni aveva un unico contratto e un unico datore di lavoro.

Se il mercato diventa il fato-guida della società, la meritocrazia è l'ideologia con la quale si giustifica ogni disparità economica e sociale, chi ha la fortuna di pagare 40 mila euro di retta in un prestigioso college universitario Usa avrà molte più possibilità di trovare un impiego ad alto reddito di un collega che frequenta qualche università statale negli Usa. E il fantomatico merito? È una sorta di copertura della supremazia censocratica delle élites.

Alcuni autori parlano, non a caso, di aristocrazia ereditaria. Una famiglia che può investire i propri risparmi per la carriera universitaria di un figlio ha di solito un reddito decisamente elevato se il sistema scolastico è privatizzato. Nel caso italiano la famiglia ha comunque due redditi di buon livello e qualche rendita a disposizione per mantenere il figlio agli studi fuori dalla propria città. 

Solo una piccolissima parte degli studenti universitari accede a borse di studio, i posti disponibili negli studentati sono irrisori nei numeri rispetto alle richieste, ecco spiegato perché il merito non può rappresentare una soluzione in società dove prospera la disuguaglianza salariale ed economica. 

Non è casuale che molte famiglie siano impossibilitate a pagare gli studi per i propri figli e talvolta questo sacrificio, parliamo dei ceti medio poveri, è il frutto di indebitamenti che magari ricadono anche sui figli che per anni, dopo la laurea, devono pagare mutui e interessi che nei prossimi anni saranno in continua crescita. Negli Usa la vita di molti uomini e donne, una volta laureati, per 30 o 40 anni, è accompagnata dal pagamento del credito universitario accordato per pagarsi gli studi. E se cadi in disgrazia o perdi lavoro non potrai pagare le tasse e a quel punto potrebbero anche aprirsi le porte di qualche carcere.

Chi oggi va all'università negli Usa proviene per quasi l'80% da una parte ridottissima della società, quella costituita dalle élites. Il modello meritocratico è quindi l'esatto contrario del riconoscimento dei talenti e perseverare nella ideologia del merito significa non volere cambiare una situazione sociale all'insegna dell'iniquità e della violenza del mercato.

A cura della redazione pisana di Lotta Continua

Da: https://delegati-lavoratori-indipendenti-pisa.blogspot.com

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