UNA MANOVRA ECONOMICA DI CLASSE (PADRONALE): SCONTI E MANCE, GUERRA E TAGLI PER LAVORATORI E DISOCCUPATI.

Si scrive Meloni, si legge Draghi. È questa la sintesi della prima manovra economica del governo di destra: guerra al reddito di cittadinanza, taglio alle tasse delle partite Iva fino a 85,000 euro di reddito, proroga agli aiuti alle imprese e qualche mancetta distribuita qua e là.

È una manovra scritta insieme ai tecnici di Bruxelles, sotto la supervisione di San Mario Draghi da Goldman Sachs, che chiarisce le direttive politiche ed economiche dei prossimi anni. In barba alle roboanti promesse elettorali, il Governo Meloni getta la maschera e si prepara a continuare con la macelleria sociale dell’ultimo decennio: basta sussidi a lavoratori poveri e disoccupati, più soldi per esercito e armi, carta bianca per una guerra sporca sulle spalle di migranti e marginali. Un programma di destra, concordato con Unione Europea e Nato.

Entrando nel dettaglio, il governo Meloni ha deciso di interrompere il reddito di cittadinanza a partire da agosto 2023 per gli occupabili, cioè coloro che hanno tra 18 e 35 anni, che da settembre del prossimo anno dovranno trovarsi un lavoro in un Paese che offre ben poche possibilità, secondo gli ultimi dati Istat sono circa 2 milioni i disoccupati in cerca di lavoro. L’alternativa è quella di mettersi in fila per un pasto caldo alle mense della Caritas. Invece gli “occupabili” con un minore, un disabile o un anziano non autosufficiente possono continuare a godere del magro sussidio, per ora. Stesso discorso per chi invece ha più di 65 anni. A rischio il contributo anche per gli occupati con redditi bassi.

C’è spazio anche per un contentino a Salvini, con la Flat tax al 15% per i lavoratori autonomi con redditi fino a 85,000 euro. E per i dipendenti? Una bella pernacchia, come nella migliore tradizione della destra. La tanto decantata riduzione del “cuneo fiscale” si tradurrà in una misera mancia di 11 euro al mese (probabile che siano anche lordi)

Infine, un po’ di soldi a costruttori ed ecomafie con il finanziamento al progetto del Ponte di Messina. Che ancora non c’è, ma in compenso ci è già costato più di un miliardo di euro, tra spese per la costituzione della società “Stretto di Messina spa”, consulenze, studi di fattibilità e poi la liquidazione della stessa Spa, inattiva da 8 anni. Il tutto in un paese devastato dalla siccità, in cui ad ogni pioggia seguono frane, alluvioni e morti. Ma si sa, il ponte sullo stretto, è una priorità. Per la mafia. Nella consueta conferenza stampa (in cui tra l’altro Meloni è scappata senza nemmeno confrontarsi con i giornalisti, che peraltro si sono sperticati in lodi al neo-governo), il Presidente del Consiglio ha affermato “abbiamo fatto una manovra coraggiosa”, in effetti è necessaria una buona dose di coraggio per redigere una tale legge di Bilancio.

Come sempre la risposta a queste prevedibili provocazioni del Governo spetta a noi, a operai, disoccupati, percettori del Reddito di cittadinanza. Solo con l’organizzazione, la messa in atto di pratiche di mutuo soccorso e di conflittualità sociale, dai luoghi di lavoro ai quartieri, possiamo opporci a questo governo che risponde a interessi di banche, imprenditori e speculatori. Lo sciopero generale indetto dal sindacalismo di base il 2 dicembre e la manifestazione nazionale del 3 a Roma sarà un primo banco di prova per capire se saremo all’altezza del compito.

Il Collettivo della redazione di Lotta Continua

 

 

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